A volte basta una brutta notizia all’improvviso e a livello energetico è come se ricevessimo un pugno in prossimità del cardias. Una profonda delusione per qualcosa che ci spettava, e che non ci è stato riconosciuto, su cui continuiamo a rimuginare e, nel nostro stomaco, è come si creasse una specie di palla da digerire, che non ne vuole proprio sapere di andare giù. Emozioni come queste, e molte altre, provocano all’interno del nostro organismo dei blocchi energetici. All’inizio si presentano come un eccesso di calore, poi se diventano cronici e la persona non riesce a elaborarli, diventano zone fredde. La cronicità fredda porta alla malattia. I trattamenti energetici servono a riconoscere e a “muovere” questi blocchi, attraverso il lavoro dell’operatore e facendo in modo che la persona cui ne è sottoposta, ne prenda coscienza e inizi a elaborarli.
Prana, è un termine sanscrito, indica una storia di energia primordiale, il soffio vitale, il respiro cosmico che pervade tutto l’universo (macrocosmo e microcosmo) e che lo condiziona in ogni suo aspetto, l’energia che permea ogni cosa, ciò che determina il movimento, il divenire, il creare, il distruggere. E’ la forma di energia insita in ogni cellula che permette all’uomo di vivere, e restare in salute, e che è utilizzata dall’operatore pranopratico come strumento per il benessere della persona.
Spesso questa energia è contrastata dai nostri pensieri negativi, dalle emozioni eccessive (come mostra l’immagine qui di seguito) e dalle circostanze quotidiane e invece di fluire liberamente nel nostro corpo ristagna, oppure defluisce troppo rapidamente, causando lo “squilibrio” che, con il passare del tempo, può determinare malessere e malattia o ancora rallentare importanti funzioni corporee.
L’operatore pranopratico è capace di gestire e donare la sua bioenergia al cliente con la semplice apposizione delle mani ad una certa distanza lungo tutto il corpo del cliente, quindi il suo principale compito è quello di influire sullo stato di salute della persona, riportandola in armonia con il respiro dell’equilibrio energetico.
Ristabilisce l’equilibrio perduto scaricando zone del corpo in condensazione e caricando zone energeticamente in difetto, in modo tale che il prana venga canalizzato correttamente in tutto il corpo.
Nel 2005 con l’art. 21 (in seguito integrato), del “Nuovo Testo Unificato” delle Medicine e Pratiche non convenzionali viene sostituito il termine “Pranoterapia” con il nuovo “Pranopratica” e viene così definita: “L’operatore professionale di prano-pratica opera con un intervento non invasivo attraverso l’apposizione delle mani (…) sia a piccola distanza dal corpo sia a contatto superficiale su specifiche zone del corpo e con tecniche codificate, per stimolare il processo di auto guarigione e di armonizzazione, al fine di ottenere l’equilibrio bioenergetico e lo stato di benessere della persona”.